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Scrivono di lei...

Palazzo Ferretti: una mostra per due.

Sono le storie quelle che ci piace raccontare o che vogliamo che ci vengano raccontate. Se poi sono ritmate da circostanze particolari, da casualità, scelte apparentemente improvvise e amore... allora sono storie romantiche, nel senso etimologico e letterario del termine.

La nostra inizia a Roma, città papale e capitolina, bigotta e supponente, vivace e impegnata, ricca di contraddizioni e traffico. Ha un piccolo prologo ligure, dove un uomo e una donna si trovano per caso al mare e si scoprono entrambi romani.
Nasce un matrimonio e due figlie maledettamente diverse e intonate.

I quattro, viaggiatori camperisti, tra chilometri e canzonette si fermano nei lontani anni ottanta in un paese etrusco chiamato Cortona, e più precisamente in un più esotico San Lorenzo.
Lo eleggono luogo delle vacanze ma la grande nonna di Roma esercita su di loro il fascino delle radici.

Senza saperlo questa simpatica famigliola, senza conoscerne l'esistenza si era sistemata a non più di mille metri da me. Hanno lasciato lavoro ed affetti nel caos eterno e si sono inventati agrituristi e forti sostenitori delle nostre terre quindi attori, comparse, cantanti e cantantesse entusiasti più degli stessi nativi.

Nel loro turbinio di altri orizzonti si sono gettati con forza e candore nell'arte della pittura non più ventenni per sfida, per conoscenza, per amore della vita e del tempo che è lampo e bellezza.

Così a Palazzo Ferretti dal 19 al 31 luglio con nature morte e prove Mario Bocci e Anna Maria Spera hanno festeggiato la loro prima mostra e io, ladro di storie eccomi qua come un avvoltoio a saccheggiarla e a recensirli, anche ladro di poesie tra l'altro, con un verso di un poeta della riviera ligure (il cerchio torna sempre nelle storie, romantiche o romanzate fate voi) "in uno o in due noi siamo una sola cosa". (Albano Ricci)


La pittura di Anna Maria Spera. Tra rigore, poesia e creatività

L'apparizione di MedjugorjeNel mese di Agosto, presso la sede del Piccolo Teatro di Cortona, in via Guelfa, ha esposto i suoi quadri Anna Maria Spera. Coerenza, creatività e fedeltà al carattere proprio di un'arte tutta italiana hanno, ancora una volta, contrassegnato le sue opere. Infatti la sua pittura è lontana da tutti gli ismi d'importazione e di quelle influenze che spesso hanno snaturato e continuano a snaturare il carattere preminente della nostra arte. Questo ritomo allo studio della figura, all'attenzione degli aspetti della natura, al rispetto coscienzioso del proprio mestiere sulla via segnata dagli antichi maestri, non è poi un fatto solamente italiano: si è ripetuto nel secolo appena trascorso e in ogni parte d'Europa. Si pensi a certi ritomi neoclassici di Picasso, al desiderio d'ordine, di purezza espressi dal nostro Gino Severini con la sua "Maternità". Così, la pittura di Anna Maria Spera rappresenta, oltre tutto, una coraggiosa reazione alle disfattiste forze presenti nei tanti indirizzi permissivi e cervellotici che hanno caratterizzato il Novecento e l'inizio del nuovo secolo. Ugo Oietti avrebbe per la sua arte usato il termine "trompe-l'oeil (che definisce il genere di natura morta che da l'apparenza quasi palpabile dell'oggetto raffigurato, in modo da trarre in inganno chi lo guarda e indurlo a toccare la tela per assicurarsi che si tratti veramente di una raffigurazione. Un genere che porta con sé il germe di tutta l'arte pittorica e, cioè, l'essenza della pittura stessa. Di fronte ai lavori di Anna Maria Spera, che esaltano, per lo più, oggetti comuni, dagli orologi ai libri, ai candelabri, a quei bicchieri che sembrano dipinti con la leggerezza del fiato, lo spettatore avverte una stupefatta sospensione, nella pacata vibrazione del colore e nel diffondersi di una dolce tonalità luminosa. Vi si legge la poesia delle cose, le più semplici e consuete, giocate su una tavolozza ricca e inconfondibile e con una gamma di colori istintivamente elaborati: dai verdi agli azzurri, dai rossi ai rosa, ai gialli ... Un mondo tutto retto dalla rigore formale e dal colore, in una armonica modulazione di realtà e sogno, di concreto e astratto, di poesia e ponderatezza. Comunque in campo artistico, la ricerca è sempre aperta a nuove suggestioni e ravvivata da una insoddisfazione costante. Da questa condizione nasce oggi il quadro della Vergine alle prese con i ragazzi di Medjugorje: vi dominano stupore, incantesimo, mistero, raccolti nell'emozione di una straordinaria attesa. (Nicola Caldarone)


Interpretare la realtà


Interpretare la realtà è un mestiere così piccolo e così spontaneo, perché vivere non basta, fermare le visioni, le situazioni questo è il vero senso della realtà. Nasciamo per caso e per tutta la vita lottiamo per non crederci. Questo è il segreto intimo di ogni uomo e quello esplicito di ogni artista. La realtà ha un unico scorrere per tutti, ma prospettive differenti: risultato dei nostri antenati, dei nostri disagi, dei racconti che abbiamo ascoltato. E’ questo quello che AnnaMaria Spera non dice a parole: sono i colori scuri che attraversano le sue riproduzioni, che crede realistiche, invece sono virate dalla luce crepuscolare che si porta dentro, che le fanno muovere i passi, le agitano le malinconie. Un limone è limone con il suo giallo vivo, ovvio, ma è imprigionato da una luce intorno vespertina, come di candela, come di studio medioevale, come di fuoco di camino. Così le fragole, perfette, maniacali forse, non sono primavera, non sono estate, non sono succose: sono lì, a trovarsi un senso tra i colori scelti, inconsapevolmente, per il realismo della sua visione, della sua personalissima trasfigurazione. Non c’è mai voluttuosità, fame, desiderio di, neanche nel quadro ispirato al canto dantesco degli amanti di Rimini. Un libro aperto, due mani, una candela ma che non sanno di dolore o rovinosa passione ma di bisogno di ordine, di dare ordine al caos, stile al caos ed equilibrio. Il compito di ogni donna, di ogni madre: dare ordine, dare i tempi, dare un sistema nell’unica sfumatura che è il colore un po’ rosso e un po’ nero della sera. L’iperrealismo diventa visione, che sa di convento a settembre, quando la luce della sera ti avvita ad una parete, sa di stanza deserta verso le cinque: tutto perfetto, tutto appena perfetto. (Albano Ricci)

Rolando Bietolini recensisce AnnaMaria Spera

ANNA MARIA SPERA BOCCI (dal testo della presentazione della mostra della pittrice, tenuta in Cortona (AR) presso la sede del Piccolo Teatro della Città di Cortona il giorno 1° Agosto 2009, curata dal Prof. Rolando Bietolini) . Con modestia, umiltà, discrezione, forse sentendo il richiamo atavico del padre pittore e respirando l’atmosfera dell’Arte in famiglia (le sue due figlie sono attrici e cantanti eclettiche, versatili, polivalenti, il marito coltiva anche lui l’arte pittorica, eminentemente da ritrattista) ha iniziato a frequentare una scuola di pittura, dalla quale si è molto presto emancipata, riuscendo però a percepirne e ad interiorizzare completamente l’insegnamento più importante, fondamentale, unico, che sta, e deve stare, alla base di ogni vera Arte: la consapevolezza che Arte non è solo ispirazione, ma studio, applicazione, esercizio, impegno, esperienza, approfondimento.

Ed eccola quindi, come si evince chiaramente dai risultati dei suoi quadri, a sviscerare pazientemente ogni colore nelle sue sfumature, nelle sue possibilità, negli effetti, nell’amalgama con gli altri colori, in un lavoro di ricerca minuziosa, “microscopica”, oserei dire, a volte maniacale, per uscirne però con la padronanza assoluta, il dominio, la conoscenza totale della sua essenza, sì da sfruttarne l’utilizzo più sapiente nella tela.

E non è un caso, bensì una conseguenza della sua impostazione nei confronti della pittura, che il maggior numero di opere prodotte sia costituito dal genere “Natura morta”, in quanto copia dal vero.

E come non parlare della sua recente attività di restauratrice di dipinti, si badi bene, non a livello professionale, visto che nel suo significato più recondito questa scelta rientra nell’alveo di quanto abbiamo finora sostenuto, cioè della sua volontà di penetrare i recessi più intimi del mondo del Colore, sì da padroneggiarlo poi con la più grande maestria per esprimere le sue ispirazioni, i suoi desideri, le sue scelte di rappresentazione tematica. ? questa un’attività che ti obbliga ad effettuare sul quadro danneggiato interventi che non devono emergere per esaltare la tua operazione personale, ma più passano inosservati, sì da non poterli nemmeno individuare rispetto ai contorni originali, e più il lavoro risulta meglio riuscito: tu sei nel quadro ma nessuno lo deve sapere, nessuno ti vede, il riconoscimento non è pubblico, al massimo limitato a quello dei committenti, ma interiore, personale, intimo. E perciò merita ammirazione e rispetto.

Che dire quindi delle opere finora compiute? Che molte rappresentano la realizzazione dei vari gradini a cui la ricerca di cui abbiamo parlato finora l’ha portata: alcune scolastiche, altre di studio, altre ancora di prima timida realizzazione conseguita, qualcuna di vera creazione artistica. Penso in particolare al quadro nato per la Mostra Dantesca effettuata a Cortona qualche tempo fa, dove la vicenda amorosa di Paolo e Francesca descritta da Dante nel canto V dell’Inferno è rappresentata in maniera superlativa, sintetica ed originale. Anna Maria ha creato con i suoi colori un’atmosfera magica, dove il sentimento d’Amore che unisce i due amanti è trattato nelle sue varie sfumature: la pudicizia, il timore, la dolcezza, il desiderio, il piacere, la tragedia imminente. Non mi perito di dire che siamo davanti ad un vero capolavoro dell’Arte pittorica, capolavoro che, ne sono certo, Anna saprà ancora ripetere in tante e tante altre tele, perché perizia e talento sicuramente non le mancano. Questo è anche quello che tutti le auguriamo.

Poiché nelle presentazioni si corre spesso il rischio di annoiare l’uditorio, qui mi fermo, anche se tante altre cose potrebbero essere dette: sulla scelta degli “oggetti” da lei ritratti, sul loro significato simbolico e via dicendo. Non mancheranno di sicuro altre occasioni.

Aggiungo, e a mo’ di chiusa affermo che se non avessi per le capacità artistiche di Anna Maria una grande ammirazione e stima non le avrei di certo commissionato i tre quadri che fanno bella mostra di sé nel Museo Margaritiano che ho allestito nella mia dimora: uno scorcio di Cortona antica e l’immagine dei due patroni del nostro territorio, S. Marco Evangelista e S. Margherita.
Bietolini Rolando

Anna Maria Spera con le sue “nature morte” sembra volerci offrire un mondo alternativo al nostro, un mondo dove è possibile immortalare le emozioni negli oggetti, un mondo dal quale gli stessi oggetti possono parlare e mostrarsi sotto una luce diversa, più intima, più ideale, più pura, che li esalta e li trae fuori dalla caducità quotidiana. (Adelaide De Biasich)

Anna Maria Spera è testimonianza diretta della voce dell’Arte, che è immanente in tutto ciò che ci circonda ma che raramente i nostri occhi riescono a vedere ed a scoprire. La sua pittura è un invito a guardare dentro le cose, anche le più usuali, sempre, con occhi diversi, per capirle e riscoprirle da altri punti di vista. (Valentino Postelli)

Le nature morte della Spera hanno una loro singolare fisionomia e una specie di magica atmosfera, perchè uniscono la semplicità dell'iconografia povera e la riduzione al minimo degli effetti a una eccellente raffinatezza di linguaggio. Esse sono infatti il risultato di immaginazioni liriche e insieme di un'attenzione tenace per la descrizione oggettiva e strutturale di quanto l'artista sta ritraendo. (Falzetti Giangiacomo)

Le pitture della Spera sono limpide, ariose e ben definite, i suoi disegni precisi e conchiusi, per esse si deve dimenticare tutto il frasario lambiccoso della critica per ammirarne l'immagine chiara e precisa con la maggiore possibile semplicità della parola. A conoscerla personalmente si ha l'impressione di un’artista che vuole vedere ben chiaro in sé stessa e nei suoi mezzi espressivi, che non si pone quesiti trascendentali, quasi timorosa di complicare intellettualmente la schietta vena pittorico-rappresentativa che è in fondo la genuina verità della pittura. (Irene Lazzarelli)